Piero Rossano, dismesso per un po’ l’abito del cronista di razza, si cimenta in un racconto che è un piccolo gioiello di narrativa, organizzato come un ampio reportage dai ritmi veloci e dalla scrittura agile.
Un reportage drammatico e per certi aspetti disperato nonostante la conclusione con il lieto fine benevolo solo per il protagonista.
Senza ricorrere ad eccessi retorici la scrittura traduce un dramma epocale e narra la disfatta dell’umanità soltanto raccontando le cose e sono cose che inducono al pianto anzi sono esse stesso pianto come scrive Virgilio “sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt” che nella bellissima traduzione di Augusto Rostagni diventa “la storia è lacrime e l’umano soffrire commuove la mente”. A parlare è Enea che medita sul senso assurdo della guerra di Troia e confida ad Acate il tormento dell’uomo di pace (il pius Aeneas) dinanzi a questi disastri della storia.
Il sapore di guerra è dietro la vicenda del giovane protagonista Kedira che diventa adulto prima del tempo e fugge all’Afghanistan alla ricerca del fratello Nidal, mentre ancora il suo paese è sotto il precario controllo americano e della Nato, ma già incalzano i talebani senza cuore e umanità.
Ecco come le cose diventano sangue e lacrime. La ricerca del fratello lo porta negli Emirati Arabi i paesi del sogno e dello sfruttamento. Così chi cerca il riscatto trova lo sfruttamento e l’alienazione di vivere: una vita capovolta nella innaturale alternanza di giorno, quando si dorme arrostendo nelle baracche insieme a migliaia di disperati, e notte, quando si lavora, senza pause e senza dialogo.
In un mondo che offende e tormenta, i molti privilegiati continuano a sognare a vivere gaudenti nel loro paradiso ovattato che non ascolta il pianto dei miseri e le urla silenziose dei diseredati del mondo costretti all’esilio dei poveri, a vendere le loro braccia per un salario da fame e soprattutto a vivere senza diritti di alcun tipo.
Perché tutto questo? Rossano lo chiarisce in poche battute verso la fine del racconto quando scrive di questi paesi dove regnano gli emiri: “Qui tutto era piegato alla logica del profitto, l’uomo –inteso come persona- non era che un mezzo per il raggiungimento di un risultato e il fenomeno delle vite al rovescio del lavoro nelle ore notturne per evitare quelle calde del giorno, solo una conseguenza”. Profitto, persona. Da Marx a Maritain: in poche parole sono dichiarate le ascendenze ideologiche del racconto, entro cui si insinua la singolare storia d’amore vissuta dal giovane protagonista, due volte singolare, perché del tutto estranea a quel contesto e perché salva solo uno, lasciando nel lettore l’infinita amarezza della terribile desolazione morale di una civiltà giunta al suo declino.
Salvatore Delli Paoli
Piero Rossano, Sabbia Afghanistan Rewind, Terra Omnia Editore, pp. 108, euro 12
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